Normal People: libro, serie tv ma anche un po’ di noi

Fra le conseguenze peggiori – si fa per dire, ovviamente – dei mesi di quarantena possiamo senz’altro annoverare il blocco del lettore più intenso mai sperimentato in vita mia che mi ha restituito una me stessa totalmente incapace di contrarsi su qualsiasi cosa, figuriamoci sui libri. Poi è arrivato Normal People e ogni cosa è tornata al suo posto: una notte, semplicemente, l’ho preso fra le mani, ho cominciato a sfogliarlo e per ore e ore mi sono immersa in Connell e Marianne, nelle loro storture, nelle loro paure. Ed è stato emotivamente devastante.

Ma non è un po’ questo l’intento primario della letteratura? Quel che voglio quando leggo è qualcosa che abbia la forza di scuotermi dentro, di portarmi a riflettere sul mondo ma soprattutto su me stessa: ci sono libri difficili da leggere perché toccano corde che non volevi fossero sollecitate eppure succede e non puoi fare altro che accettarlo. Normal Peolple è un testo, una storia che arriva lì, dove senti nascere quel magone al centro del petto.

«Essere solo con lei è come aprire una porta
e chiudersi alle spalle la vita normale».

Marianne e Connell sono due ragazzini quando fra di loro nasce qualcosa: sì, qualcosa è la definizione più giusta per descrivere quel che c’è fra i nostri due protagonisti che, frenati dalle loro paure e fragilità, non riescono mai davvero a guardarsi negli occhi e a dirsi la verità. È amore? Sì, indubbiamente. Uno di quelli scostanti, che lasciano macerie, di cui non sei mai davvero consapevole. O forse lo sei ma non vuoi ammetterlo innanzitutto a te stesso.

L’adolescenza segna l’inizio della loro storia: lei di buona famiglia, lui figlio della donna delle pulizie, compagni di classe. Lei chiusa, lui apparentemente estroverso. Lei presa di mira da tutti, lui fra i ragazzi più popolari. Eppure qualcosa li attrae irrimediabilmente: ne nasce una relazione clandestina fatta di tanti silenzi e di corpi che non riescono a stare lontani, di sguardi che non devono mai incrociarsi a scuola, di distanze che devono rimanere tali senza poi chissà quale motivo e di tanta vergogna per un rapporto che neanche loro riescono davvero a gestire, figurarsi cosa potrebbe significare rivelarlo agli altri.

Sally Rooney segue la traiettoria di queste due vite sempre intrecciate ma mai capaci di accettarlo anche negli anni universitari: entrambi a Dublino vedono i loro ruoli ribaltarsi e il contesto sociale diventa improvvisamente una componente importante. Qui, dopo una breve separazione, Connell scopre che Marianne è diventata popolare, ha intorno a sé delle persone e sembra quindi essere uscita dal suo guscio. Di contro lui vive la realtà delle difficoltà economiche ma anche e soprattutto il ritrovarsi a non essere più il ragazzo popolare del liceo ma un’anima che rivela tutta la sua fragilità. Ma basta uno sguardo affinché quella miccia si riaccenda, affinché il destino trovi nuovi modi di legarli ancora più indissolubilmente.

«Lei intuisce che ci sono cose che non le sta dicendo. Non capisce se stia reprimendo il desiderio di allontanarsi o il desiderio di rendersi più vulnerabile».

«Il suo sguardo lo destabilizza come un tempo,
come quando ti guardi allo specchio e vedi qualcosa che per te non ha segreti».

Connell e Marianne sono l’uno il rifugio dell’altro. Non c’è un momento del testo in cui non ne sono intimamente consapevoli, un momento in cui c’è bisogno di realizzare quel che provano. Eppure è proprio questa consapevolezza che li riempie di terrore, come se quei sentimenti fossero troppo da gestire. Si sentono così esposti l’un verso l’altro che fuggire da tutto ciò diventa spesso l’unica soluzione al sentirsi vulnerabili. E così lasciano che tutto vada alla deriva. Ma mai fino a spezzare definitivamente quel legame che li tiene insieme e a cui non possono permettersi di rinunciare perché altrimenti non saprebbero più chi sono: è il loro rapporto che li definisce, che li fa sentire persone normali ma è anche tutto quel che li fa sentire vulnerabili. E quindi la fuga è sempre lì a portata di mano.

La semplicità con cui Sally Rooney tesse un legame così complicato è disarmante: la scrittrice irlandese ha dalla l’eccezionale capacità di entrare nel profondo dei suoi personaggi, di dare loro una multidimensionalità che non li fa essere soltanto verosimili ma anche veri, reali. Tre sono le scelte che restituiscono tutto ciò: avere sia il punto di vista di Marianne che di Connell, l’introspezione psicologica di entrambi che permette una lettura completamente immersiva e la mancanza di virgolette nei dialoghi che crea un senso di smarrimento, di confusione ma che così facendo restituisce la sensazione del tumulto interiore vissuto dai protagonisti. In un rapporto fatto di poche parole e di tanto orrore per sé stessi, Sally Rooney è capace di catturare con poche immagini il senso di estraneità alla vita di Connell e di Marianne ma anche di restituire un ritratto non molto lontano dal concetto di amore e della sua evoluzione nella nostra società, di come i giovani concepiscano oggi le relazioni e di come l’ansia di un futuro incerto abbia cambiato per sempre il nostro sguardo.

«Per tutti questi anni sono stati come due pianticelle che condividono lo stesso pezzo di terra, crescendo l’una vicino all’altra, contorcendosi per farsi spazio, assumendo posizioni improbabili».

Normal People, però, non è soltanto un libro ma anche una serie tv prodotta in Irlanda per BBC Three e Hulu. La trasposizione di un libro dove l’introspezione psicologica la fa da padrone non è mai un’impresa semplice: rendere su schermo il tumulto interiore è sempre operazione delicata a maggior ragione quando hai a che fare con due personaggi come Connell e Marianne che non riescono ad ammettere i loro sentimenti neanche a sé stessi e che si muovono in un contesto dove la trama è molto scarna, dove succedono pochi fatti e sostanzialmente tutti relativi alla loro dinamica relazionale.

Nonostante questa premessa l’adattamento di Normal People per la tv è un’operazione decisamente riuscita: innanzitutto contribuisce al successo anche la struttura stessa della serie suddivisa in dodici episodi con un minutaggio che al massimo arriva ai 34 minuti di girato, scelta che rende il tutto molto intenso giocando al meglio con l’empatia dello spettatore che si sente davvero travolto da ciò che passa dinanzi i suoi occhi. La serie poi deve tanto, tantissimo a Daisy Edgar-Jones e di Paul Mescal che hanno saputo dare vita ai loro personaggi in maniera magistrale grazie soprattutto alla chimica che si respira nelle loro scene, che fa li sembrare così vivi e vividi sulla scena.

«Mi sei mancata.
Con gli altri non è così.
Beh, io ti voglio molto più degli altri.
La bacia di nuovo e lei sente le sue mani addosso. È un abisso che lui può penetrare, uno spazio vuoto che può riempire».

A tutto ciò si unisce anche la questione per cui, in una serie dove c’è tanto silenzio e tanto timore di confessare i propri sentimenti, il corpo diventa centrale: il modo in cui i due si guardano, si sfiorano, si cercano costantemente sulla scena dà sostanza stessa al loro rapporto, riempendo i vuoti che le loro paure si lasciano dietro anche con tanto, tantissimo sesso che non è mai lontanamente gratuito o ammiccante ma che restituisce sempre un senso potentissimo di intimità, di quelli che ti lasciano i brividi lungo la schiena. La camera che indugia costantemente sui corpi, sul sudore, sui dettagli ci mostra una Marianne che lascia andare via quella orribile sensazione di non essere degna d’amore e un Connell che in lei trova il suo posto nel mondo perché Normal People è un quel che potremmo definire un racconto di formazione sentimentale, un faticosissimo viaggio nel mondo delle emozioni, di quelle malinconiche che ti lasciano l’amaro in bocca ma che vale sempre la pena vivere.

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